
LA FESTA DELLE DONNE (DI CARATTERE)
Per noi sarebbe stato molto più semplice parlare della Festa della Donna attraverso le idee regalo per la mamma o la sorella. Magari mostrare le composizioni floreali con le mimose.
Non che non ci piaccia, ma l’8marzo, come l’abbiamo vissuto fino ad ora, non ci sembrava avere più molto senso. Ci sentivamo in dovere di raccontare una Giornata Internazionale della Donna diversa, lontana dallo stereotipo della pizza con le amiche.
Crediamo che oggi si possa essere imprenditrice, scienziata o prima ballerina alla Scala, semplicemente se si ha la determinazione di diventarlo. E questo anche a casa nostra, in una terra da sempre vittima di pregiudizi e scarsa considerazione.
Abbiamo chiesto a cinque donne ciociare, cosa voglia dire riuscire a farsi largo in un mondo ancora troppo declinato al maschile.
Sara Turriziani – Un’astronoma con la ratafia in valigia
Sara era una bambina col naso perennemente all’insù. Oggi è un’astronoma che studia i buchi neri al centro delle galassie. Si occupa dello sviluppo della nuova strumentazione spaziale, per studiare i fenomeni di più alta energia nell’Universo. Nei centri di ricerca internazionali, però, non dimentica mai di far assaggiare le profumatissime ciambelline al vino della sua terra.
Come mai hai scelto di specializzarti nell’ambito scientifico?
Sono sempre stata molto curiosa di capire “come funziona” il mondo che mi circonda. Fu un libro sull’Universo che mi regalò mia madre a farmi nascere la passione per l’astronomia. Il caso poi ha voluto che gli autori di quel libro siano stati miei docenti durante il dottorato di ricerca!
Sei una ricercatrice internazionale: le donne all’estero hanno più o meno possibilità nel mondo delle scienze?
Questa è una bellissima domanda. Molto dipende dal paese e anche dal campo specifico di ricerca. In Giappone, per esempio, mi sono ritrovata diverse volte a essere l’unica donna presente nella stanza, circostanza che invece non avevo mai sperimentato negli Stati Uniti o in altri paesi europei, Italia compresa. Nel nostro paese le astronome sono circa il 30% del totale, anche se questa percentuale si riduce parecchio se si considerano le posizioni di comando.
“I ciociari sono operosi e caparbi”. Quant’è forte ancora questo stereotipo…O è verità?
Nel mio caso è sicuramente vero! La perseveranza, il non mollare di fronte alle difficoltà, mi hanno aiutato ad arrivare dove sono oggi.
Cosa non manca mai nella valigia di una scienziata ciociara?
Nella mia, ciambelline olio e vino e rattafia, da far assaggiare ai colleghi in giro per il mondo.
Una donna che ama le stelle, apprezza anche i fiori?
Amo i Dianthus, fin da quand’ero bambina. In particolare, adoro quelli dai petali screziati di bianco e rosso. Poi amo le rose. Le mie preferite sono le rose antiche, come la rosa damascena, e gli ibridi di Tea.

Manola Spaziani – Trucco e carattere
Oggi è a Sanremo – per seguire il Festival della canzone italiana – ma Manola Spaziani si divide tra le Settimane della moda e i Festival Cinematografici. A lei che è una Make Up Artist affermata abbiamo chiesto quanto conti ancora l’immagine per una donna.
Ogni giorno ti confronti con l’immagine e la bellezza. Per una donna conta più l’immagine o il talento?
L’immagine o il talento da soli contano poco e niente. Il successo oggi è un giusto mix tra immagine, talento e carattere. Senza una buona dose di carattere, non emergi.
E tu di carattere ne hai avuto tanto per affermarti?
Io di carattere ne tirato fuori davvero tanto. Ho sempre voluto fare questo lavoro, anche se la passione è nata quasi per gioco, durante un lavoretto estivo nel salone di bellezza di una zia. Da lì ho lavorato duramente: dai corsi tecnici a quelli di lingue e poi la gavetta, che è stata durissima.
Carattere e sacrifici quindi?
Nascere in provincia e riuscire ad affermarsi senza conoscere nessuno è molto difficile. Manca tutta quella rete di conoscenze, che spesso ha chi proviene dalla città. La fame che ti da la provincia però è una spinta a fare di più e meglio. Io ho fatto rinunce ed investimenti pur di crescere: ho imparato le lingue straniere, ho fatto stage gratuiti, trasferte sui mezzi pubblici…tutto pur di esserci, di imparare dai migliori, e darmi una chance.
Oggi che rapporto hai con la tua terra: sei andata via o sei rimasta?
Con le mie origini ho un rapporto bellissimo. Vengo da una famiglia normalissima: i miei genitori hanno un banco al mercato. Anche se mi divido tra le grandi metropoli, vivo stabilmente in Ciociara. Non potrei mai rinunciare alle mie abitudini, come il pranzo domenicale dalla nonna a Veroli. È una terra di cui parlo continuamente a tutti, perché è un territorio che merita di essere conosciuto.
Quello che mi infastidisce è che spesso siamo noi ciociari a non valorizzare quello che abbiamo, parlo della terra ma anche delle nostre professionalità.
Hai truccato donne bellissime. Che atteggiamento hai con tutte queste dive?
Per me loro sono tutte uguali: non c’è differenza tra una celebrità e una sposa. Cerco di guidarle con fiducia nel lavoro e di metterle a loro agio. Noi le supportiamo nei momenti che precedono i grandi eventi della loro vita e la tensione è tanta.
Ci si abitua mai a lavorare con la pressione di questi eventi?
Purtroppo a queste emozioni non ci si abitua mai. Non è facile gestire la pressione delle star e io cerco di empatizzare sempre con loro: in quei pochi minuti in cui io le trucco, lo Stylist magari sta facendo provare loro gli accessori e contemporaneamente qualcuno sta lavorando sui capelli. È un lavoro in cui, in pochi minuti, si deve concentrare tutta la propria professionalità e allo stesso tempo rimanere umani.
Ricordo che alla mia prima Mostra del Cinema di Venezia, l’ultimo giorno, quando la madrina fece il discorso di chiusura io scoppiai a piangere. Un modo per scaricare l’ansia ma anche la presa di coscienza che i miei sacrifici avevano finalmente iniziato a pagare.
Quale sogno professionale hai ancora da realizzare?
Ne ho tantissimi: mi piacerebbe lavorare in America, truccare le grandi star, ma anche creare una mia linea di profumi. Il mio sogno più grande però sarebbe aprire un’accademia per Make Up Artist a Frosinone.
Sappiamo che sei a Sanremo. Qualche anno fa hai condiviso quest’esperienza con Mirna. Qual è il tuo rapporto con i fiori?
Il mio fiore preferito è la peonia rosa, per la sua eleganza. Amo anche la rosa perché ha una doppia anima: è forte e le sue spine possono pungere ma è un fiore delicato di base. Un po’ come me.

Guja Reali – Una manager dalla lunga gavetta
Se fate un giro nella pagina Chi siamo del sito della sua azienda, troverete una foto in bianco e nero in cui un gruppo di giovani operaie di Veroli si mostrano timide davanti alla macchina fotografica. Siamo agli inizi del novecento e quell’azienda sarebbe diventata, da lì a qualche decennio, una delle più importanti in Italia nella lavorazione della carta. Oggi una donna guida quest’impresa: Guja Reali.

Una gavetta che è iniziata dal basso, nella tua stessa azienda. Normale in America, ma strano per Frosinone.
Con mio fratello abbiamo affiancato mio padre in tutto, sin dall’inizio, e solo molto dopo siamo arrivati all’amministrazione. Ho seguito tutti i passaggi, perché per gestire un’azienda, soprattutto la tua, la devi conoscere in tutti i processi. Ti devi sporcare le mani.
Cosa diresti a una ragazza che vuole fare l’imprenditrice oggi?
Le suggerirei di non fermarsi davanti alle difficoltà. Se si lavora con professionalità e competenza, allora si trova lo spazio giusto per andare avanti. Spesso nei giovani vedo “lasciar correre” e questo mi dispiace. Serve più intraprendenza.
Un’ottica positiva, di questi tempi.
Ci sono aziende nella nostra provincia che hanno vissuto tempi peggiori di questi. La competenza e la conoscenza sono le uniche armi per farcela.
La competenza e la conoscenza sono le uniche armi per farcela
Cosa sogni per le donne della tua terra?
Collaborazione. Da sempre siamo un territorio altamente produttivo e accogliente, ma poco collaborativo. Dovremmo imparare a non vedere l’erba del vicino sempre più verde. La partnership valorizza la rete delle imprese e promuovere lo sviluppo del territorio.
Tu sei anche mamma. Come riesci a coniugare questo ruolo con l’essere manager?
Non è facile, ma devo ammettere che la donna imprenditrice è più facilitata rispetto ad una dipendente. Quello che andrebbe fatto è creare quelle infrastrutture per sostenere le lavoratrici femminili. Il problema è che realizzare misure per abbattere queste barriere di ingresso e crescita professionale è molto complesso ancora.
Quali fiori ti piace ricevere?
Amo le fresie, eleganti e profumate.

Emanuela Crescenzi – Un paio di tacchi per rinascere
Portare i tacchi è sicuramente doloroso, ma a volte può essere più doloroso toglierli. Emanuela è una modella che piomba nel buio dei disturbi alimentari, ma ne esce fuori proprio grazie ad un paio di scarpe alte. Un percorso di rinascita che ci racconta Emanuela Crescenzi, Chef in tacco 12.

Emanuela, la tua è una storia di grande forza. Ce la racconti?
Erano gli anni ’90 e facevo la modella, anni in cui c’era il mito dei corpi magrissimi. Prima sono entrata nel tunnel dell’anoressia – ero alta 1,71 mt e sono arrivata a pesare poco più di 45 kg – e poi in quello della bulimia, dove i miei kg sono raddoppiati.
Un giorno ho incontrato una contessa, una conoscente, che mi ha fatto capire come stessi buttando la mia vita. Lei era una donna anziana, ma ancora molto affascinante. Mi disse “Sali su un paio di tacchi e non scenderne, se non quando avrai recuperato la tua vita”. Il tacco 12 è diventato una scommessa con me stessa, una sfida contro il cibo che da anni mi tormentava e che da allora ho imparato a dominare io.
Ci racconti com’è nata la tua passione per i fornelli?
I miei genitori lavoravano e io stavo con la nonna. Con lei ho imparato a usare il forno a legna, a fare il pane e la pizza. La mia passione nasce proprio da quel saper fare antico. Ho fatto molti lavori prima di dedicarmi completamente alla cucina: sono geometra e ho frequentato anche i cantieri edili.
Lavori che fanno parte di un immaginario molto maschile. Che rapporto hai con i tuoi colleghi?
Nei cantieri ho imparato come tenere a bada gli uomini, a farmi rispettare. Oggi sono una dei due chef che rappresentano l’Italia nella World Chilli Alliance, un’associazione di chef specializzati nell’utilizzo del peperoncino in cucina. Ho dimostrato il mio carattere e mi hanno accettato. Prima li ammalio con la femminilità e poi faccio capire loro che so il fatto mio.
E con le donne, come ti trovi a lavorare con loro?
Con loro è un confronto difficile…Perché non ci sono. Sono poche e dimostrano poca verve. Preferiscono non cimentarsi in un questo lavoro.
Hai obiettivi professionali da raggiungere?
La pandemia ha ritardato l’uscita del mio terzo libro. Quando tutto questo sarà solo un ricordo tonerò in Cina, per un workshop sul peperoncino.
Ci verrebbe da dire il peperoncino sia la tua pianta preferita.
Possiamo dire di sì: coltivo in media cinquanta piante di peperoncino all’anno.

Petra Conti – Ambasciatrice della danza
Ex prima ballerina alla Scala di Milano, Boston e ora Los Angeles. Petra Conti è una ciociara sulle punte, che da anni rappresenta la danza Italiana nel mondo.
Cosa porti della nostra terra nei teatri di tutto il mondo?
Della nostra terra mi porto dentro l’essere verace, calda, emotiva, ma soprattutto artista. La Ciociaria è madre di attori e artisti illustri: la loro eredità scorre anche nelle mie vene e ogni volta che vado in scena, sento la responsabilità di questo passato, di mantenere viva la tradizione di fare Arte con la A maiuscola.
Nel mondo della danza c’è sicuramente molta competizione tra le donne. Tu che rapporto hai con le tue colleghe?
Agli inizi della mia carriera ho sofferto perché non ero abbastanza forte e competitiva. Con gli anni invece ho creato uno scudo, ed ho imparato ad usare la competizione per migliorare. La competizione, quella sana, è sinonimo di sfida e di crescita ed è importante che ci sia.
Nella tua vita hai affrontato sfide grandissime come una malattia importante e la danza ti è stata fondamentale per rinascere. Quale consiglio daresti ad una donna che per qualche motivo sente il bisogno rinascere?
Una donna è capace di rinascere dalle proprie ceneri mille volte. Il mio consiglio è quello di amarsi oggi, così come si è, accettarsi ed apprezzarsi. Una donna è forte quando non ha bisogno di validazione altrui, quando crede nei propri valori, quando crede in sé stessa.
Una donna è forte quando non ha bisogno di validazione altrui, quando crede nei propri valori, quando crede in sé stessa.
Che rapporto hai con i fiori?
Adoro la mimosa, perché la Festa della donna è anche l’anniversario del mio matrimonio. E poi le margherite, i fiori di Giselle – il balletto per il quale vengo ricordata più spesso.


Quest’articolo è di Danilo Politi. Da molto tempo amante della cultura e delle parole, da poco autore delle emozioni in digitale di Mirna.
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